IL TRIBUNALE ORDINARIO DI LECCE Prima sezione penale In composizione monocratica nella persona del giudice dott. Stefano Sernia. All'udienza del giorno 13 dicembre 2018, nel processo n. 1763/2017 RGT, pendente nei confronti di S . . . M . . . , ha pronunziato la seguente ordinanza a seguito di citazione diretta ai sensi dell'art. 550 del codice di procedura penale, si procede a giudizio nei confronti di S . . . M . . . imputato di essersi indebitamente appropriato della somma complessiva di euro 4.568,00, a lui consegnata a piu' riprese perche' ne operasse il versamento all'Inps per conto di Q . . . S . . . , a pagamento trimestrale dei contributi su lui gravanti quale datore di lavoro di G . . . G . . . . Originariamente orientato a richiedere l'ammissione alla messa alla prova, l'imputato ha abbandonato tale primitiva istanza per la difficolta' di trovare un accordo con la p.o., pur disponibile a concedere una rateizzazione del risarcimento; di fatto, l'entita' mensile delle quote rateali che l'imputato si diceva in grado di corrispondere, a tacitazione del danno, era talmente esiguo che avrebbe, tra l'altro, comportato l'estinzione del danno in un tempo superiore a quello massimo di sospendibilita' del processo ai sensi dell'art. 464-quater, comma 5, lettera a) del codice di procedura penale. All'udienza del 6 dicembre 2018 l'imputato ha quindi abbandonato l'originaria richiesta di ammissione alla messa alla prova, ed avanzato - a mezzo del difensore procuratore speciale - richiesta di applicazione della pena ai sensi dell'art. 444 del codice di procedura penale, secondo tale calcolo: pena base anni uno di reclusione ed euro 300,00 di multa, aumentata ad anni uno e mesi due di reclusione ed euro 350,00 di multa in considerazione della contestata aggravante di cui all'art. 61 n. 11 del codice penale; quindi ridotta per il rito alla pena di mesi dieci di reclusione ed euro 250,00 di multa; subordinatamente alla concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena. La pena e' legale e congrua; la querela in atti introduce elementi incompatibili con una pronunzia di assoluzione per sussistenza della prova dell'innocenza, ed il fatto appare correttamente qualificato; l'imputato, nonostante l'eta' avanzata (nato nel 1946, aveva circa 67 anni all'epoca dei fatti; 72 alla data odierna) e' gravato da un solo risalentissimo precedente di poco conto (atteso che per esso riporto' condanna mite, nella misura di mesi due e giorni venti di reclusione), ed il fatto contestatogli appare verosimilmente del tutto occasionale, in quanto espressione di una deviazione dalla retta via in un momento di difficolta' economica, psicologica ed esistenziale che non e' riuscito a fronteggiare in maniera adeguata (dall'indagine svolta dallo UEPE ai fini dell'elaborazione del progetto per la messa alla prova, risulta che egli abbia condotto una vita di lavoro come dipendente pubblico sino alla pensione, con regolare vita famigliare, complicata pero' dalla difficolta' di far fronte alla condizione depressiva della moglie, da lui affrontata in assenza di alcun tipo di sostegno affettivo ed in piena solitudine); l'istanza, ivi compresa la condizione subordinante della concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, sarebbe quindi accoglibile laddove non vi ostasse la prescrizione dell'art. 165, comma 2, del codice penale. Infatti, come rilevato dal giudicante alla precedente udienza del 6 dicembre 2018, l'imputato risulta aver goduto del suddetto beneficio gia' una volta, in relazione alla sentenza di condanna emessa nei suoi confronti in data 3 febbraio 10970 dal Tribunale militare di Bari (unica condanna che risulta aver mai riportato), i cui effetti penali perdurano, atteso che non risulta essere mai intervenuta riabilitazione; quale conseguenza di tale precedente concessione del beneficio, questo puo' essere nuovamente concesso, ai sensi dell'art. 165, comma 2, del codice penale, solo subordinandolo all'adempimento dell'obbligo delle restituzioni o del risarcimento; la lettera della norma e' tale da non consentire di ritenere possibile riconoscere alcuna rilevanza alle cause per cui detto obbligo non possa essere adempiuto, atteso che, con l'art. 2, comma 1, lettera b), della legge n. 145/2004, sono state espressamente abrogate le parole «salvo che cio' sia impossibile», che precedentemente mitigavano e circoscrivevano la portata dell'obbligo in oggetto. Ne consegue che, interpretando la norma alla ricerca dell'intenzione del Legislatore secondo quanto espresso dal dato letterale e da quello cronologico (che evidenzia una scelta di modifica, in senso restrittivo, dei requisiti per la concedibilita' del beneficio), appare evidente che la volonta' del Legislatore sia stata quella di escludere la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, per la seconda volta, a chi non sia in grado, anche senza sua colpa ed oltre la sua volonta', di risarcire il danno o di assolvere all'obbligo di procedere alle restituzioni. Cio', a parere del giudicante, pone la norma, nella sua attuale formulazione in contrasto col principio di eguaglianza espresso dall'art. 3 della Costituzione. Presupposto della concedibilita' del beneficio della sospensione condizionale della pena e' la previsione che l'imputato si asterro' per il futuro, dalla commissione di altri delitti; in tale prospettiva, il risarcimento del danno, o l'assolvimento dell'obbligo di procedere alle restituzioni, assumono rilievo, sostanzialmente, quale prova di resipiscenza e ravvedimento, atta a fondare la prognosi di futura correttezza dei comportamenti, in tutti quei casi in cui tale prognosi avrebbe potuto essere dubbia. La norma, come risultante dalla modifica apportata dall'art. 2, comma 1, lettera b), della legge n. 145/2004, appare invece contraria al principio di eguaglianza, ed a quello di razionalita' che ne e' alla base, in quanto: a) appare operare una presunzione assoluta di immeritevolezza del beneficio se non accompagnato da una prova fattiva di resipiscenza, tipizzando peraltro quest'ultima necessariamente nel risarcimento del danno: scelta irrazionale, e suscettibile di realizzare disparita' di trattamento, essendo possibile immaginare forme diverse di comportamento, ben maggiormente significative di ravvedimento (si pensi ad esempio alla scelta di dedicare la propria vita all'assistenza i bisognosi, od alle vittime dei reati, o all'educazione dei giovani per recuperarli dalla devianza, ecc.), che invece vengono irragionevolmente escluse dal novero dei fatti e comportamenti valutabili dal giudice al fine delle sue valutazioni circa la regolarita' del futuro comportamento del reo; b) condiziona la possibilita' di accesso al beneficio ad un comportamento il cui mancato compimento puo' dipendere dalle condizioni economiche del reo, cosi' operando un'ingiustificata disparita' di trattamento tra gli imputati, a seconda del loro censo ed in violazione del principio di eguaglianza, e cio', per di piu', in materia penale. Non appare a questo punto inopportuno ricordare che la Corte costituzionale, gia' con la sentenza n. 49 del 1975, ebbe ad esprimere considerazioni in linea con quelle appena svolte, ritenendo che il risarcimento assumeva rilevanza nella sua capacita' di esprimere un ravvedimento, e la costituzionalita' della norma poggiava peraltro sulla possibilita', per il giudice, di escludere tale obbligo in considerazione della effettiva capacita' economica del condannato, statuendo che «La facolta' del giudice di concedere la sospensione condizionale della pena subordinatamente all'effettiva riparazione del danno cagionato dal reato previsto dall'art. 165 del codice penale non contrasta con l'art. 3 della Costituzione, poiche' risponde ad una apprezzabile esigenza di politica legislativa tendente ad eliminare le conseguenze dannose degli illeciti penali ed a garantire che il comportamento del reo, dopo la condanna, si adegui a quel processo di ravvedimento che costituisce lo scopo precipuo dell'istituto stesso della sospensione condizionale della pena. E cio' tenuto anche conto che l'art. 165 del codice penale riconosce al giudice il potere di subordinare o meno all'adempimento dell'obbligo di risarcimento la sospensione della pena, a seguito della valutazione della capacita' economica del condannato, potere che costituisce mezzo idoneo per evitare che si realizzi in concreto un trattamento di sfavore a carico del reo in funzione delle sue condizioni economiche». La circostanza che, allo stato della normativa vigente, sia del tutto irrilevante, ai fini del riconoscimento del beneficio della sospensione condizionale della pena, l'impossibilita' o meno di procedere al risarcimento del danno, rende irrilevante qualsiasi accertamento sull'effettivita' o meno di tale impossibilita', ed impedisce pertanto di indagare quali siano effettivamente le capacita' economiche dell'imputato, in quanto si tratterebbe, allo stato, di accertamento estraneo ai fini della prova per come descritti dall'art. 187 del codice di procedura penale; peraltro, la circostanza che l'imputato abbia desistito dalla richiesta di ammissione alla messa alla prova (il cui buon esito comporta l'esclusione di una pronunzia di condanna), per l'asserita incapacita' di procedere al risarcimento del danno (peraltro, in quel rito, costituente requisito non dotato di assoluta necessita'), induce a ritenere che effettivamente egli versi in condizioni economiche che non gli consentano di provvedere al risarcimento del danno o alle restituzioni. La questione di incostituzionalita' dell'art. 165, comma 2, del codice penale, come risultante dalla modifica ad esso apportata dall'art. 2 comma 1, lettera b), della legge n. 145/2004, appare pertanto rilevante ai fini della decisione e non manifestamente infondata.